La storia dell'uso del profumo e dell'aromaterapia può essere tracciata attraverso le antiche civiltà indiana, cinese, egizia, romana e greca. Queste persone usavano oli essenziali in profumi, cosmetici e farmaci, nonché per scopi igienici, ritualistici, spirituali e terapeutici. Il loro uso rituale costituiva parte integrante della tradizione nella maggior parte delle prime culture, dove i loro ruoli religiosi e terapeutici erano inestricabilmente intrecciati. Questo tipo di pratica è ancora in evidenza: ad esempio, in Oriente, i rametti di ginepro vengono bruciati nei templi tibetani come forma di purificazione; in Occidente, l'incenso era usato durante la messa cattolica dell'epoca romana.
Nelle antiche civiltà, i profumi erano usati come espressione delle concezioni animiste e cosmiche, rispondendo soprattutto alle esigenze di un culto. Associati dapprima a teofanie e incantesimi, i profumi prodotti dalla fumigazione, dalla libagione e dall'abluzione crebbero fuori dai confini dei rituali e diventarono un elemento essenziale nell'arte della terapia.
La letteratura vedica dell'India risalente al 2000 a.C. circa, elenca oltre 700 sostanze – incluse cannella, nardo, zenzero, mirra, coriandolo e legno di sandalo. Ma gli aromi erano considerati più che semplici profumi; nella lingua indo-ariana, "atar" significa fumo, vento, odore ed essenza e il Rig Veda ne codifica l'uso per scopi sia liturgici sia terapeutici. Il modo in cui è scritto riflette una visione spirituale e filosofica, in cui l'umanità è vista come parte della natura, e la manipolazione delle erbe come compito sacro: "Semplici, voi che esistete da così tanto tempo, anche prima che gli Dei furono nati, voglio capire i vostri settecento segreti! Venite, piante sagge, curate questo paziente per me”. La loro comprensione della tradizione vegetale si è sviluppata nel sistema di medicina tradizionale indiana o ayurvedica, che ha goduto di una trasmissione ininterrotta fino ai giorni nostri.
I cinesi hanno anche un'antica tradizione erboristica che accompagna la pratica dell'agopuntura, i primi documenti nel Libro di Medicina Interna dell'Imperatore Giallo risalenti a più di 4000 anni fa. Tra i rimedi ci sono diversi aromatici come l'oppio e lo zenzero che, a parte le loro applicazioni terapeutiche, sono noti per essere stati utilizzati per scopi religiosi sin dai tempi più antichi, come nelle cerimonie Li-ki e Tcheou-Li. La canfora del Borneo è ancora ampiamente utilizzata in Cina oggi per scopi rituali.
Ma forse le associazioni più famose e ricche riguardanti le prime materie aromatiche sono quelle che circondano l'antica civiltà egizia. Manoscritti in papiro risalenti al regno di Khufu, intorno al 2800 a.C., registrano l'uso di molte erbe medicinali, mentre altri scritti di ottocento anni più tardi, parlano di “oli pregiati e profumi pregiati, e l'incenso dei templi, per cui ogni dio è allietato”. Gomme aromatiche e oli come il cedro e la mirra erano impiegati nel processo dell'imbalsamazione, i cui resti sono ancora rilevabili migliaia di anni dopo, insieme a tracce profumate di unguenti e oli come storace e incenso contenuti in numerosi barattoli decorati e vasi cosmetici trovati nelle tombe. L'iconografia completa che copre il processo di preparazione di tali oli, balsami e liquori fermentati è conservata in iscrizioni su pietra dalla gente della valle del Nilo.
Gli antichi Egizi erano, infatti, esperti di cosmetologia e rinomati per le loro preparazioni erboristiche e gli unguenti. Uno di questi rimedi era noto come kyphi; una miscela di sedici diversi ingredienti che poteva essere usata come incenso, profumo o assunta internamente come medicinale. Si diceva che il kyphi fosse antisettico, balsamico, lenitivo e antidoto al veleno; secondo Plutarco, poteva anche addormentare, alleviare le ansie e illuminare i sogni.